Sei andato via, ci hai lasciato il Mistero pi&ugra
Sei andato via, ci hai lasciato il Mistero più grande. Raggiungi i suoi giardini, ma sappiamo che i tuoi pensieri sono ancora qui, come petali sparsi, fuori dai cancelli.
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E ora, dopo averla cercata, finalmente, una poesia di Karol Wojtyla
CANTO DELLO SPLENDORE DELL’ACQUA
«Gesù le rispose e disse: Chi beve di quest’acqua
avrà ancora sete; ma chi berrà dell’acqua che Dio
gli darà, non avrà più sete in eterno.»
(Gv 4,13)
Guardando nel pozzo di Sichar
Guarda – l’acqua senza posa si sfalda in scaglie d’argento –
e trema in essa il peso della profondità
come quando la pupilla sente, nel profondo, l’immagine.
L’acqua lava dai tuoi occhi i cerchi di stanchezza
e ti lambisce il volto con riflessi di larghe foglie.
Tanto lontana la sorgente –
Questi occhi stanchi sono il segno
che le acque oscure della notte fluirono in parole di preghiera
(carestia, carestia di anime).
Ora la luce del pozzo vibra profonda nelle lacrime
scosse – penseranno i passanti – da una ventata di sogni…
E intanto –
il pozzo crea nel tuo sguardo solo barlumi di foglie,
con chiazze di verdi riflessi vela dolcemente il tuo volto
laggiù – sul fondo.
Quanto è lontana ancora la sorgente?
Eppure in Te vibrano moltitudini
in cui raggia lo splendore delle Tue parole
come raggia negli occhi lo splendore dell’acqua…
Tu le conosci nella stanchezza, le conosci nella luce.
Quando apri gli occhi sul fondo dell’acqua
I sassi trasparenti per la recente pioggia, brillano
appena sollevandosi al passo dei viandanti.
Si fa sera. Quanti si addentrano nei vani
delle porte aperte di scatto –
quanti sfumano nel chiarore dei vani delle finestre.
È già sera. Il muro umano a tratti s’apre in un volto
di passante – poi luci delle finestre lo spostano
poco più in là –
ora stretto, ora allargato. Continuo.
Lo sguardo a malapena si stacca dal muro buio. Semplice.
Ma io ti dico che solo tu così fiocamente distingui
questa folla che naviga dietro l’onda del neon.
La svela proprio quello che in essa è più segreto
e che nessuna fiamma può distruggere.
Quando socchiudi gli occhi, lo spazio di nuovo si empie
di contenuti quasi indicibili – ecco il buio della folla si apre
accarezzando in sé questa bontà
della quale – tacendo – ti sazi in tutti loro,
e che – se gridi – tu riduci in polvere.
No, no – non siete solo voi – e seppure lo foste
la vostra presenza non solo è durevole, ma rivelatrice.
Purché si aprano gli occhi in altro modo,
un modo tutto diverso, e purché non si scordi la visione che allora appagava lo sguardo